Via Attraverso il Pesce - Vie Di Roccia

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Via Attraverso il Pesce





Sono anni che mi alleno per confrontarmi con la via “Attraverso il pesce/Weg durch den Fisch”, uno degli itinerari più difficili delle Alpi. Si tratta di una scalata superba che per svariati motivi non sono mai riuscito ad affrontare: difficile trovare contemporaneamente il socio giusto e il meteo perfetto. Ho atteso fino al 2016.
Durante l’estate mi sono allenato a dovere, salendo diverse vie lunghe, alcune molto impegnative.
A metà agosto, Lorenzo Bosi, un vecchio compagno di cordata che da anni abita in Belgio è tornato in Italia per una vacanza. Con lui e Giuseppe Leonardi abbiamo trascorso quattro giorni ad arrampicare. Lorenzo mi ha parlato più volte di David Leduc, un ragazzo belga molto forte e sempre in cerca di soci. David adora scalare in Italia ed ha un debole per la Marmolada. Sarà in Italia per tutto il mese di Settembre.

L’occasione è ghiotta, non perdo tempo e prendo subito contatto con lui. Arrampicheremo in Marmolada il primo weekend di settembre 2016 sperando in un meteo clemente. Una settimana prima dell’appuntamento convinco Ivan Maghella a fare una perlustrazione della via. E’ la sua prima via lunga dell’anno e così decidiamo che sarò io il capocordata. Sono affascinato e spaventato al tempo stesso. Sulle placche non si scherza!
Per via del traffico e un errore di logistica arriviamo tardi al rifugio Falier così decidiamo di dormire qualche ora prima di attaccare. Bivaccheremo dopo 9 lunghezze, in corrispondenza di una cengetta in leggera discesa. La giornata è stata calda e la notte è trascorsa bene, anche se ho patito il freddo perché ero senza sacco a pelo. Il secondo giorno raggiungiamo “il Pesce”, la famosa nicchia. Giornata bellissima e caldissima; piedi che scoppiano e grande scalata.
Riuscire ad arrampicare questi tiri da primo, su questo “pezzo di storia dell’alpinismo”, è stato fantastico ma molto difficile. Siamo poi scesi in doppia e tornati a casa soddisfatti.
Finalmente arriva il 6 settembre. L’appuntamento con David è alle 21.30 a Malga Ciapela, proprio sotto la Marmolada. I minuti che mancano alle 17.30, orario in cui esco dal lavoro sono interminabili. Corro in fretta a casa e alle 18 il mio sogno inizia a concretizzarsi. La fretta mi fa dimenticare la macchina fotografica, così devo improvvisare un retro front che mi costerà 30 minuti.
Risalgo la Val di Fassa, raggiungo Passo Fedaia e mi precipito in discesa verso Malga Ciapela. Per strada ho mangiato un panino e la solitudine della guida mi ha procurato un sonno atroce. Sono le 21.45 quando stringo la mano a David.
La fioca luce delle frontali ci aiuta a preparare lo zaino con le ultime cose. Finalmente alle 23 riesco a sdraiarmi comodamente nel furgone di David. Fuori è freddo, c’è molta aria e così decidiamo di partire direttamente dal parcheggio alle 5.
La sveglia suona puntuale, una veloce colazione e con la mia macchina ci spostiamo fino al campeggio, dove inizia il divieto di transito. Alle 5.40 prende ufficialmente il via la nostra avventura.
Sulle mie spalle un saccone da 18 kg che ci seguirà durante la salita, su quelle di David uno zainetto di 5 kg, corde e diversa attrezzatura attaccata all’imbraco. Abbiamo parecchio materiale, ma ci servirà tutto. Arriviamo al rifugio Faliel alle 7.00, un buon caffè ci mette di buon umore e prima di salutare la rifugista compiliamo il libro delle firme lasciando scritta la nostra destinazione.Il sentiero che sale all’attacco oggi pare essere più ripido, il cielo è nuvoloso e il freddo vento fa annullare l’effetto di tiepidi raggi di sole. Nonostante tutto la motivazione è alta e in breve raggiungiamo l’attacco.
La parete è asciutta e dopo essermi coordinato con David, alle 8.40, attacco la via. Le mani solo gelate e il primo passaggio impegnativo è di VII. David mi segue velocemente con il saccone che nonostante parte del materiale sia attaccato ai nostri imbrachi pesa ben 15 Kg. La giornata sarà lunga e difficile perché ci piacerebbe raggiungere prima di sera la cengia mediana; il freddo ci rallenterà non poco.
Procediamo in alternata e scelgo di salire una variante di VII che si stacca dalla seconda sosta e che evita un facile traverso che invece ci avrebbe richiesto due tiri.
Arriviamo alle placche. Sono magnificamente lisce e le sequenze da intuire per progredire su piccoli buchi ci divertono.
VI+, VII, VIII, le difficoltà sono sostenute e la scala di valutazione che è in vigore qui è tutta particolare. L’ha ideata Maurizio Giordani quando ha scritto la prima monografia del gruppo. L’ha chiamata appunto “Scala Marmolada”. Chi ha ripetuto qualche via su queste pareti sa benissimo che occorre aggiungere un grado alla normale scala UIAA. In via non ci sono spit e fix. Solo durante la seconda lunghezza se ne riescono a rubare un paio dall’adiacente via “Spada nella roccia”.
Ora è David a proseguire, non ha nessun problema a salire e a individuare la sequenza dei passaggi; affronta con decisione il traverso di VIII.
I tiri di corda si susseguono e finalmente arriviamo al “Diedro Svaso”. Si tratta di una delle lunghezze più famose (e fotografate) della Marmolada. Abbiamo la pelle d’oca; pensare di scalarlo è qualcosa di grandioso ed epico. Le difficoltà sono alte e ci proteggiamo con dei tricam, due bong e una clessidra al termine delle difficoltà. Quando ho ripetuto con Ivan questo tiro, avevo utilizzato anche un cliff. Ora inizia a cadere qualche goccia d’acqua con qualche chicco di grandine ma sono convinto che arriveremo alla nicchia del “pesce” in fretta. La lunghezza che ci separa è impegnativa, ma conoscendola la risolvo alla svelta.
La nicchia è l’unica parte della parete che è ancora asciutta e recupero David in fretta. Eccomi qua per la seconda volta in una settimana.
Dobbiamo rivedere il nostro piano di scalata: con la parete bagnata, non ce la faremo a raggiungere la grande cengia che taglia la parete. Dovremo dormire qui. Sono le 17.30 e iniziamo ad allestire il nostro bivacco e a preparare la cena. Il vento si fa più freddo e ci copriamo con tutti i vestiti che abbiamo. Entriamo anche nei sacchi a pelo alle 19.00 e guardiamo il Civetta, che è proprio davanti a noi e che sembra ci stia invitando a ripetere qualche linea classica sulla sua imponente parete nord-ovest.
Dormire qui è quasi impossibile: le temperature si abbassano ulteriormente e si scivola perché la nicchia ha una leggera pendenza. Durante la notte massaggiamo più volte i piedi.
Attendiamo le 8 prima di fare una veloce colazione con Red Bull e fredde brioches. Alle 9 David riparte e impreca per le alte difficoltà del tiro che deve affrontare a freddo.
I tiri seguenti passano veloci, anche se le basse temperature continuano ad accompagnarci. Arrampicata estrema, buchetti da bloccare, aderenza molto impegnativa. Questo è il menù della giornata. Questa è l’arrampicata che ci consente alle 13.15 di guadagnare la cengia. Qui ci prendiamo una pausa; mangiamo, beviamo, scattiamo qualche foto.
Riprendiamo alle 14 e dopo aver accorpato due tiri di VII e VI la parete cala di difficoltà. Ora non si va oltre il V+/VI e abbiamo deciso che il secondo scalerà con il saccone sulle spalle. Dopo aver consumato parte del cibo il suo peso si è ridotto a 10 kg. Incrociamo la via dell’Ideale e subito pensiamo ad Aste e Solina e al capolavoro che hanno disegnato dal 24 al 29 luglio del 1964. I camini finali sono freddi e completamente all’ombra; il saccone complica non poco la salita del secondo ma le fatiche vengono presto dimenticate quando davanti a noi appaiono le antenne della funivia. Siamo in vetta!
Sono le 19 ed entrambi fatichiamo a trattenere le lacrime. Il sogno si è realizzato, peccato solo per la nebbia e le nuvole che ci circondano.
Dopo aver mangiucchiato iniziamo la discesa. Mi affaccio dalla stazione della funivia e vedo poca neve e tanto ghiaccio. Con una doppia di 60 m raggiungo la terminale che è larga ben 3 metri. Riusciamo a passarla con un po’ di astuzia e proseguiamo la discesa rimanendo legati per via dei numerosi crepacci. Il martello da roccia sarà la nostra piccozza.
Incontriamo ghiaccio vivo e scivoliamo perché non abbiamo i ramponi. Per due ore cerchiamo una soluzione sicura ma nulla. E’ tutto tremendamente troppo pericoloso.
Subito riaffiora alla mente il povero Graziano “Feo” Maffei che è morto proprio scivolando su questo ghiacciaio. Prendiamo la decisione di spostarci presso la stazione intermedia della funivia, come avevo fatto quando avevo salito la via Don Quixote (allora prendendo la funivia). Scenderemo il mattino successivo.
A fatica raggiungiamo la struttura e in giro non c’è anima viva. Proviamo ad aprire tutte le porte per capire se c’è mezzo di entrare e proteggerci da una seconda fredda notte. Involontariamente facciamo scattare l’allarme. Dopo uno spavento iniziale pensiamo che forse qualcuno arriverà ad aprirci. Non è così.
Il secondo bivacco avverrà sotto un cielo stellato, anche se i piedi bagnati non mi consentiranno di apprezzarlo fino in fondo.
Prima di chiudere gli occhi avviso il mio capo che l’indomani non riuscirò a presentarmi al lavoro.
Ci svegliamo alle 7.50 ma dovremo attendere la prima corsa, quella delle 9.15 per raggiungere la macchina. Intanto ci godiamo il sole e il sollievo che ci regala.
Recuperate le macchine David ed io ci salutiamo ma non prima di aver stretto la promessa di tornare a legarci insieme. La nostra avventura è terminata ma altre stanno prendendo forma.
Alle 13.40 arrivo in ufficio ma la mia mente non riesce a concentrarsi. I pensieri navigano ancora nel mare di placche della Marmolada.
Oltre a David devo ringraziare Barbara, mia insostituibile compagna di vita che mi ha sempre lasciato credere nei miei sogni e per i continui stimoli a realizzarli. Grazie anche a tutti gli amici che quotidianamente alimentano le mie avventure.

Da Lo Zaino n. 2

AVVISO IMPORTANTE

L’arrampicata e l’alpinismo sono attività potenzialmente pericolose, l’uso delle informazioni qui riportate si fa a proprio rischio e pericolo.

info@viediroccia.it
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